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WEARE #26: Capire Settembre
Cercare di capire Settembre forse è un po’ come cercare di capire l’Amore, la Morte e le Tasse: pur consapevoli del fatto che probabilmente non ci riusciremo mai, noi continuiamo a provarci, anno dopo anno, volta dopo volta. A volte Settembre ci delude, a volte ci rende migliori.

Ho aspettato un giorno di pioggia per scrivere l’editoriale che apre il #26 di WEARE: cercavo infatti una condizione climatica idonea a rendere il mio stato d’animo autentico – in mezzo a questo Agosto di fuoco – ideale per immergermi e immedesimarmi davvero nell’atmosfera dei mesi che ci aspettano. In quest’epoca di drammatica crisi climatica e di stagioni impazzite, ho pensato che Settembre è in assoluto il mese che rispetto agli altri va in maggior controtendenza: è in qualche modo una costante, che segna un confine ormai fisso e tradizionale nell’andamento di ogni anno. Riniziano le scuole, riaprono gli uffici; non è più sempre weekend, anche il Lunedì, e gli amori estivi sono ormai lontani, chiusi dentro valigie forse ormai prive di destinazioni.

E’ mentre rimugino su questo, che mi viene in mente una canzone del 2012 del gruppo milanese Fine Before You Came, che fa

«È una vita che provo a capire Settembre ma non fa per me
È più forte di me
Nonostante mi piaccia sentirne l’odore per strada e pensare alle scuole.»

Riflettendoci, Settembre è un po’ così: c’è chi torna e chi se ne va per sempre, e per una vita che si spegne ce n’è una già pronta a nascere (Benvenuto, Renato! – NdA); il cotone estivo degli abiti lunghi e floreali lascia spazio al panno pesante dei cappotti, pronto a proteggerci – oltre che dalle solite intemperie – dalle vecchie deadline di lavoro e dalle nuove, piccole tristezze che nei mesi autunnali probabilmente torneranno a bussare alla nostra porta.
E’ fatto così Settembre, ci rende sempre più stanchi e più malinconici, ma – non si sa ancora bene come e perché – al contempo anche più dinamici e attivi, forse costringendoci in qualche modo, volenti o nolenti, a protrarci in avanti, verso la vita che da qui in poi verrà. “Si muore un po’ per poter vivere”, diceva in un’altra canzone il Maestro Franco Battiato; e forse anche per noi è necessario, per forza o per amore, accettare che le foglie cadano se, domani, vogliamo veder nascere un nuovo fiore.

«Ho provato più volte a sparire e sortito l’effetto contrario
Quanta gente mi cerca a Settembre, quante cose mi devono dire, quante cose.»

Cercare di capire Settembre forse è un po’ come cercare di capire l’Amore, la Morte e le Tasse: pur consapevoli del fatto che probabilmente non ci riusciremo mai, noi continuiamo a provarci, anno dopo anno, volta dopo volta. A volte Settembre ci delude, a volte ci rende migliori. Con gli argomenti di questo numero, cercheremo di rendere più dolce il vostro scivolare dalla follia rovente dei mesi estivi appena salutati alla placida frescura dei mesi autunnali che verranno. Con l’augurio che, positivo o meno che si riveli, il vostro Settembre possa essere pieno di foglie non già troppo secche, e che non sia ancora troppo tardi per poterle raccogliere.
Ci sentite un po’ malinconici, lo sappiamo… Sarà che oggi piove o che il weekend appena cominciato ci sembra essere già finito. Nel dubbio, concedeteci – e concedetevi – questa malinconia; cercate di aprirle la porta, di ascoltare cosa ha da dirvi. Nella malinconia, cercate la speranza: in fondo, forse, anche questo è Capire Settembre.

«Se ad Ottobre non sono guarito tu porta pazienza
È soltanto questione di ore
Non è niente rispetto a una vita
In cui provo a capire per quale motivo Settembre non fa per me.»

editoriale di GEMMA BUI

Ascolto consigliato alla lettura dell’editoriale: “Capire Settembre” di FBYC

(Nel nostro magazine utilizziamo il maschile generico in luogo di *, schwa e omologhi, al fine di dare una maggiore scorrevolezza al testo. Crediamo comunque in un linguaggio inclusivo che utilizzi questi simboli.)

Gemma Bui
GEMMA BUI

Studentessa, musicista, cultrice dell’Arte variamente declinata. Con la scrittura, cerco di colmare la mia timidezza dialogica. Nelle parole incarno la sintesi – e non la semplificazione – della realtà. Credo nella conoscenza come mezzo per l’affermazione di sè e come chiave di lettura dell’esistere umano.

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