Che in Italia sia lo sport del momento non c’è dubbio: il tennis, sotto la spinta dei successi in campo maschile e femminile dell’ultimo periodo, ha appassionato anche coloro che solo qualche tempo fa lo reputavano un po’ noioso e monotono. Se questo sia un bene o meno non sta a noi giudicarlo, anche se qualche idea in merito ce l’abbiamo… Ciò che invece possiamo fare è farvi scoprire una parte diversa, atipica e forse sconosciuta per chi si ferma alle gigantesche copertine sulla Sinner-mania, che finisce per farci ritrovare in un campo in cemento sulle sponde del Mar Rosso.
Siamo a Hurghada, in Egitto, dove abbiamo raggiunto (purtroppo solo in videochiamata, NdR) Filippo Alberti, tennista originario di Subbiano classe 2003: “Sembra strano, ma ultimamente mi capita spesso di sentirmi “vecchio” perché nei tornei incontro ragazzi nati nel 2007 o 2008. Fa un certo effetto, anche perché io nel 2008 avevo appena iniziato a giocare!”
Il tennis infatti entra nella sua vita quasi per caso nel settembre di quell’anno: “Alla giornata dello sport di Subbiano facevano provare vari sport, tra cui il tennis. Ho fatto una settimana di prova e da lì non ho più mollato.”
Dopo i primi anni tra l’AT Subbiano e lo Junior Tennis, a 12 anni approda al Tennis Giotto, che diventa la sua seconda casa: “Da quel momento sono sempre rimasto lì, dove tuttora gioco il campionato di Serie A2. Ho trovato il mio maestro di riferimento, Giacomo Grassi, che mi segue ancora oggi sia nella programmazione che in campo. Con lui ci sono anche Federico Raffaelli, Alessandro Caneschi e Giovanni Ciacci: ognuno di loro ha avuto un ruolo importante nel mio percorso.”
Gli allenamenti occupano gran parte delle giornate: “In fase di preparazione, tra dicembre e gennaio, ci alleniamo in sei o sette ragazzi, mattina e pomeriggio. Durante l’anno è più difficile essere tutti insieme, perché viaggiamo tanto.”
La programmazione poi è un vero rompicapo: “Ci sediamo a tavolino e decidiamo una bozza di calendario, ma per i tornei internazionali non sai mai con certezza dove andrai, dato che fino a due settimane prima del torneo puoi scegliere se andare o meno. A volte decidiamo in base al livello generale, altre in base alla superficie cui vogliamo giocare in quel momento dell’anno.”
Per Filippo il 2025 è stato un anno ricco di soddisfazioni, in cui ha raggiunto il suo best ranking e i quarti di finale in un torneo del circuito ITF World Tennis Tour, la categoria minore del tennis professionistico: “Il mio best ranking è stato 1219 a luglio. In genere gioco i tornei 15mila (montepremi, NdR), ma questo anno in Sudafrica sono riuscito a fare i quarti in un 25mila. Finora è stato il miglior risultato della mia carriera e mi ha permesso di guadagnare qualche punto ATP in più rispetto al solito.”
A coronare l’annata è stata anche la partecipazione alle Prequalificazioni degli Internazionali BNL d’Italia: “La prima volta che entrai al Foro Italico avevo nove anni e mi sembrava un sogno: mai avrei pensato che un giorno avrei potuto giocare in quei campi! È qualcosa di unico: hai il badge per tutte le aree giocatori, mangi al ristorante riservato, ti danno l’hotel e persino le palle nuove a ogni allenamento. Pensare che sei lì a cercare di qualificarti per un torneo nel cui tabellone ci sono i top a livello mondiale è incredibile.”
L’aspetto economico è invece più complicato: “Un tennista del mio livello non guadagna. Quest’anno ho fatto circa 15 settimane fuori, che sono poche rispetto ad altri che ne giocano 30 o 35. Ogni settimana è una grande spesa: se trovi posti economici spendi 300-400 euro, altrimenti anche il doppio. Se poi esci alle qualificazioni non prendi nulla e anche quando entri in tabellone i 150 euro che ti spettano non bastano di certo a coprire le spese, quindi sei costretto a fare un gran risultato per portare qualcosa a casa. È un autofinanziamento continuo: i soldi che guadagno dal campionato a squadre e dai prize money dei tornei li reinvesto totalmente nel tennis.”
A pesare non è solo il portafoglio, ma anche la testa: “In campo non lotti solo contro l’avversario: ci sono il vento, le palle, le righe, e soprattutto ci sei tu. Ci sono giorni in cui ti senti debole e i pensieri arrivano, ma mentalmente devi essere forte e per questo lavoro con un mental coach. Quando inizi a confrontarti ad alto livello capisci che non conta più come colpisci il dritto o il rovescio, ma come gestisci i momenti e le scelte. Sono quelle a fare davvero la differenza.”
Gli obiettivi sono chiari: “Vorrei entrare nei migliori 1000 al mondo entro qualche mese. Da qui a febbraio non ho punti da difendere, quindi se gioco bene posso farcela. Sicuramente vorrei riuscire anche a tornare a Roma, perché una volta provata quell’emozione è difficile farne a meno.”
di MASSIMILIANO CUSERI
Pianista innamorato dello sport. Sono passato da Bach ai compositori contemporanei, così come ho esplorato gli sport più disparati, dall’hockey al biathlon. Ho iniziato a scrivere tardi, ma spero di essere ancora in tempo per raccontare tutto ciò che finora ho potuto esprimere “solo” attraverso la musica.



















