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Veive - Episodio#1
L'original story firmata WEARE
Pubblichiamo il primo di tre episodi di una original story firmata WEARE e ambientata nell'Arezzo di un tempo

La luna piena illuminava i campi coltivati appena fuori dalle mura della città, donando alle spighe di grano un alone di luce etereo, quasi mistico. Due figure munite di torce parlavano animatamente, camminando lungo la strada vuota che, dalla porta d’ingresso di Arretium, si snovada tra i campi e tra le fattorie nella campagna circostante.

«Ti dico che l’ho visto rubare dalle cucine! Non sto mentendo, Antonio.» si lamentò Aulo, scuotendo le mani e l’asta del suo pilum. «Stavo andando alla latrina, quando ho visto Ceciliano infilarsi come un ratto nella dispensa e dopo un po’ ne è uscito tutto sudato abbracciando il malloppo; l’ha lanciato dalla finestra e se l’è data a gambe come se avesse avuto una gorgone alle calcagna. Il comandante è arrivato di corsa sentendo tutto quel casino e mi ha visto lì davanti. Mi ha urlato contro e mi ha cacciato nei dormitori. Ho dovuto pisciare in una brocca, ti rendi conto?»
«Davvero tragico.» ironizzò Antonio aggiustandosi con una mano il cinturone e facendo tintinnare il metallo del gladio e del pugio ad esso appesi. «Hai almeno denunciato Ceciliano al comandante?»
«Ah.» Aulo si fermò, sorpreso. «Me ne sono dimenticato.» detto questo, piantò il pilum nel terreno per poi coprirsi meglio con il mantello, visto che, nonostante la corazza leggera, e nonostante fosse estate, sentiva freddo.

Antonio, allibito dal comportamento del suo compagno, sbuffò: «Che Apollo abbia pietà almeno dei tuoi figli, perché con te sicuramente non l’ha avuta.»
Proseguirono per diversi metri senza ulteriori discorsi, circondati dal frinire dei grilli, dal fruscio del mare di grano, dallo scoppiettio delle torce e dallo scalpiccio delle caligae chiodate sui sassi, finché Aulo, annoiato, non riprese a parlare. «Sai, oggi ho fatto un sacrificio ad Artume, per concederci la forza di stanare quel branco di lupi che sta seminando il panico nelle fattorie.» si guardò attorno con circospezione per vedere se dalle poche case vicine, vagamente illuminate, qualcuno li stesse ascoltando, poi si avvicinò ad Antonio e sussurrò elettrizzato: «Dicono che siano spettri mandati dagli dèi per punirci dei recenti furti avvenuti in diversi templi della città, o qualcosa del genere. Dicono anche di aver visto Veive in forma femminile, danzare con le sue frecce in mano sull’acquedotto che scende dalla montagna.»

Antonio non lo guardò neppure in viso, ma lo scansò bruscamente scuotendo la testa spazientito e disse: «In primis: si chiama Diana e non più Artume; gli dèi romani hanno vinto tanto tempo fa su quelli dei nostri padri, quindi smettila di usare quei nomi. In secundis: dovevi chiedere di non incontrare un branco di lupi, visto che stasera siamo solamente in due a pattugliare ed io ho cara la pelle, a differenza tua. In tertiis: Veive è il vecchio dio della vendetta e, come gli altri, è sparito o si è trasformato. Lo sanno tutti che è maschio e che ha sempre con se la sua capra; quest’ultima balla l’hai sentita alla taverna, vero? Chi ti ha riempito la testa di queste fesserie?»
L’altro rimase interdetto per qualche secondo, poi abbassò il capo per la vergogna. «Il vecchio Tosco…» sussurrò.
«Il vecchio Tosco…» aggiunse Antonio con un tono di voce che non ammetteva replica, «…l’ubriacone.»

Aulo si grattò il collo, poi fece spallucce. Considerava l’amico più intelligente di lui, quindi evitò di dire la sua per risparmiarsi ulteriori lavate di testa.
La pattuglia superò in silenzio l’ultima abitazione, sconfinando in quelle terre poco coltivate che si estendevano fino al limitare del bosco ai piedi della montagna, quando ad un tratto, udirono in lontananza delle urla umane.
«Sia maledetta la tua fortuna, Aulo. Per una volta che gli dèi accolgono una richiesta, tu fai quella più sbagliata!» esclamò rabbioso Antonio. «Adesso muovi il culo e vieni a goderti la tua ricompensa!»
Senza troppi indugi, ma con un nodo alla gola, i due soldati si lanciarono di corsa giù per la strada e poi in mezzo ai campi.
Gli spettri non erano lontani.

di LORENZO STIATTI

Illustrazione di E.everything

Lorenzo Stiatti
LORENZO STIATTI

Chitarrista e cantautore, principalmente legato da un amore indissolubile alla musica punk e a tutte le sue derivazioni. Lettore accanito sin dall’infanzia e scrittore al giorno d’oggi.

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