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Non c’è nulla da giudicare
Come consigliare un consulto psicologico
Come consigliare un consulto psicologico? Ne parliamo con la Dottoressa Simona Turchetti

Mi è capitato spesso di confrontarmi con la difficoltà che molti hanno nel consigliare un consulto psicologico a persone vicine. Il discorso che sento di più è: “Questa persona avrebbe proprio bisogno di parlare con un professionista come te, volevo dirglielo, ma poi non l’ho fatto…”.
Mi è sembrato quindi opportuno aiutare coloro che vorrebbero consigliare un sostegno psicologico a terzi. Nella vita di tutti i giorni, nella sfera privata, ma anche in quella lavorativa, è molto comune e frequente ricevere le confidenze di persone che ci esprimono un momento di difficoltà o una sofferenza che si protrae nel tempo.
In alcuni casi ci sentiremmo di rispondere che una consulenza psicologica potrebbe essere utile, ma spesso poi taciamo perché non sappiamo come dirlo, sia per paura che la persona reagisca negativamente al nostro consiglio, sia perché non ci sentiamo in diritto di entrare in questioni così personali.
Questo perché viviamo, purtroppo, in una realtà in cui ancora lo psicologo è roba “da matti” e per tale ragione può risultare difficile, a volte addirittura complicato, suggerire di rivolgersi a un professionista in presenza di una sofferenza psicologica perché si ha paura che l’altro possa viverla come un giudizio, se non addirittura un’offesa.

Ma se la stessa persona ci raccontasse di avere da molto tempo un dolore a un dente non consiglieremmo una visita odontoiatrica? E se ci raccontasse di avere un grave sfogo cutaneo, non la inviteremmo forse a recarsi urgentemente da un dermatologo? E magari daremmo senza batter ciglio il numero dei migliori professionisti che conosciamo. La sofferenza emotiva è meno accettata dalle persone rispetto a quella fisica: se i problemi sono fisici, infatti, è più facile poter dare consigli, ma quando si tratta di emozioni e psiche tutto si complica. Di fronte a un disagio psicologico non risulta così facile consigliare il consulto di un professionista, soprattutto, come si diceva, per i pesanti stereotipi culturali che gravano sull’argomento stesso.

Ma allora come fare?
Ascoltare attivamente. Quando qualcuno ci parla delle proprie difficoltà, è importante ascoltare con attenzione, senza obiettare, giudicare o interrompere. Ascoltare per comprendere e non per rispondere. Mostrarsi disponibili ed empatici. Offrire il proprio sostegno e la propria disponibilità può aiutare la persona a sentirsi meno sola e isolata. È importante ricordare che la sofferenza emotiva può essere molto difficile da esplicitare. Mostrarsi empatici e rassicuranti, senza forzare, può aiutare la persona a sentirsi più a suo agio.

Sottolineare la normalità del supporto psicologico. Esplicitare che il supporto psicologico è una pratica normale e positiva, che non vuol dire essere “rotti e sbagliati” e che può essere utile in diverse fasi della vita. Può aiutare a rompere gli stereotipi e a far sentire la persona meno giudicata. A nessuno piace soffrire, ma ancora meno piace essere additato e giudicato come problematico, inadeguato e bisognoso d’aiuto, quindi se volete consigliare un consulto psicologico dovete mostrarvi sinceramente comprensivi e non giudicanti, proprio perché non c’è nulla da giudicare.

Riportare vissuti ed esperienze personali. Può essere, anche, molto utile aprirsi e rivelare esperienze personali di psicoterapia. “Ci sono stato anche io”, “a me ha aiutato a star meglio, magari potrebbe aiutare anche te” o “anche io vorrei andarci” sono rivelazioni che fanno sentire la persona meno giudicata
e più capita, e inoltre abbattono il preconcetto del “dallo psicologo ci vanno i matti, quindi io non ci vado, ma ci devi andare TU”. In questo modo si passa un consiglio su un piano paritario (peer to peer) e non un giudizio calato dall’alto e lontano da noi (top-down). Tutti possono aver bisogno di un sostegno psicologico nella vita, oggi sei te in difficoltà, ieri mi ci posso essere sentita io, o potrei sentirmici domani.

Ridefinire in positivo il bisogno. In realtà, chiedere aiuto per uscire da una sofferenza psicologica è l’atto più coraggioso che si possa fare; ostinarsi a non chiedere aiuto, convincendosi di dovercela fare da soli ad ogni costo, può risultare controproducente e rischia di aggravare il disagio psicologico, piuttosto che risolverlo davvero. Contrariamente alla narrazione sociale ci vuole molta più forza e coraggio a fare tutto ciò che a far finta di niente. Ricordiamoci che chi va dallo psicologo dimostra a se stesso e agli altri di essere una persona che ha la forza di superare i momenti di fragilità e difficoltà a favore del proprio benessere, dimostra di volersi prendere cura di se accettando di avere dei limiti umani.
Chi va dallo psicologo coraggiosamente accetta la possibilità e il rischio di conoscersi profondamente e autenticamente nelle proprie risorse e nei propri limiti. E questa consapevolezza potrà essere un’ottima bussola nel mare della vita.

Ed infine, ma non per minor importanza… Essere pazienti ed accettare le scelte dell’altro. Ricordarsi che un consiglio non è un ordine a cui l’altro deve obbedire. Non tutti sono pronti ad accettare il supporto psicologico immediatamente. Essere pazienti e rispettare i tempi della persona può aiutare a mantenere un clima di fiducia e rispetto reciproco, facendo sentire l’altro accettato a prescindere da qualsiasi scelta voglia intraprendere. Nel bene e nel male è una scelta sua ed è giusto accettare quell’impotenza.
Se tenete sempre a mente tutto questo consigliare un aiuto psicologico risulterà sempre più facile!

Dott.ssa Simona Turchetti
Tel. 333 3369533
Psicologa con formazione Sistemico-Relazionale e metodo Emdr

Puoi trovare i miei articoli  su www.dottoressasimonaturchetti.it o sui miei canali social

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