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Macabro e Assurdo
Maria Chiara Venturini; influencer su Vinted, talent recruiter e futura organizzatrice di aperitivi “per gente normale”... Ma soprattutto regista

La Maria, guai a chi la chiama Chicca, grazie agli shooting negli anni in cui le “vasche” per il corso erano lo sport di punta, ha capito che fare le foto le piaceva e così ha deciso di abbandonare il Prato di Arezzo e di trasferirsi a Milano per studiare fotografia. Se i diplomi sono un “trampolino di lancio”, per lei sono stati un aereo, diretto a San Francisco, dove è andata a studiare cinema. Il suo talento e la sua parlantina hanno portato la Maria a Los Angeles, dove è riuscita a realizzarsi lavorando con nomi come Dreamworks, Universal Studio e Fox Television, e in Italia a produrre un cortometraggio presentato al 76esimo Festival del Cinema di Venezia. Momento di decollo di un contratto con la UTA (United Talent Agency), un’agenzia americana, che il covid, però ha sabotato.

Chi si ferma è perduto e infatti, Maria Chiara Venturini non ha certo rinunciato a reinventarsi. Davanti ad un caffè ho avuto il piacere di incontrare: una influencer su Vinted, una talent recruiter e futura organizzatrice di aperitivi “per gente normale” in città, una grande personalità sorridente che trasmette la voglia di fare di cui tutti avremmo bisogno.

Dal momento in cui hai deciso di intraprendere questa strada, fino ad oggi, quali sono stati i momenti più significativi del tuo percorso?
«Il primo momento significativo è stato quando ho capito che alle persone piaceva quello che facevo. Quando ho visto che c’era un interesse, da parte dei produttori e delle agenzie, insieme alla soddisfazione del Festival di Venezia, per me che ho sempre avuto una bassa autostima, sono stati momenti significativi. La cosa più bella che mi sarebbe potuta capitare e che non è capitata per cause di forza maggiore (la pandemia) era il primo lungometraggio che ho scritto un paio di anni fa, che sarebbe dovuto andare in produzione con la A24.»

Hai vissuto e studiato in molte città, in che modo ti hanno influenzato?
«Quando sono partita da Arezzo non avevo idea di cosa fosse la vita all’estero. Sono andata in Australia per studiare l’inglese. Da lì lo stimolo è stato seguito dal “non voglio tornare a quello che ero prima”, così sono andata a San Francisco, una scelta un po’ “a caso”… Arrivata lì ho capito che puoi essere al 100% quello che ti senti di essere e che anche io potevo fare quello che volevo; il mio lavoro, realizzare le mie idee.»
Quali sono i progetti a cui hai lavorato a cui sei più affezionata?
«Sicuramente il progetto che doveva uscire e che, causa pandemia, non è uscito. Quello è il progetto che mi ha spezzato il cuore; ero e sono convinta che avrebbe potuto (e che può ancora) cambiarmi la vita. Non esiste una storia come quella, né in un libro, né in un film. Il lungometraggio si chiama “Frank can’t die”; è partito tutto quando lavoravo con gli Universal, mi avevano chiesto una rivisitazione di uno degli horror del loro archivio.»
Con quali aggettivi descriveresti la tua idea di regia?
«Non è un aggettivo ma rende l’idea: io faccio film che un genitore non vorrebbe guardare. Mi piace estremizzare le tematiche, che però, sono “da affrontare”, sono “necessarie” allo sviluppo della libertà, sdrammatizzando con ambientazioni o dialoghi surreali e con una giusta dose di risate. Comunque se devo usare un aggettivo è una combinazione tra macabro e assurdo.»
Perché la regia?
«Partiamo dalla questione della bassa autostima; non ho mai pensato di essere un personaggio abbastanza interessante da apparire sugli schermi. Anche se seguire la regia significa essere un po’ attori. Inoltre la figura della regista deve impegnarsi a creare una dinamica di complicità con tutti gli altri dipartimenti del settore; dal direttore della fotografia, fino ai runner.»
Ti vedi solo nella regia o hai in programma anche altro?
«Qualche mese fa, in mezzo alle montagne, mi sono fatta leggere le carte e mi è stato detto: “Si è chiuso un portone, ma non significa che dietro la curva, (che ancora non vedo perché sono nel panico più totale), non ci sarà un portone ancora più grande”. Penso quindi che ci sarà un’altra strada, l’importante è continuare
ad avere intorno gente creativa, senza ingrigirsi mai… Il mio obiettivo è proprio non ingrigirmi!»

di VALENTINA RACHINI

IG: @dr.enerd

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VALENTINA RACHINI

In qualsiasi occasione ti capiterà di vedermi starò sempre correndo verso la stazione con lo zaino in spalla. Sono una trottola con il cuore diviso tra diverse città che non riesco ad abbandonare. Molto curiosa, con occhi grandi aperti sul mondo e costantemente aggiornata su tutto: arte, cultura, eventi e società. Riesco a staccarmi dalle notizie e dal web solo quando parte una canzone e ho un bicchiere di vino e una sigaretta in mano.

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