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Come Fry With Me
Intervista al musicista Francesco "Fry" Moneti.

Francesco “Fry” Moneti è il perfetto esempio, in carne ed archetto, del fatto che Arezzo, prima ancora che terra d’arte, è terra d’artisti. Un expat armato di strumenti e impegno socio-musicale, per cui il termine non ha neanche più tanto senso, in quanto cittadino onorario musicale di ogni angolo della Penisola in cui riecheggiano sonorità. Penisola in cui pompa ormai da decenni linfa vitale in note, indie non per mancanza di nuove etichette proprie ed «originali» da auto-appiccicarsi, ma perché realmente indiePENDENTE, come da paradigma dell’abusato lemma musicale in questione.
Con l’occasione di confrontarsi con un simile gigante del violino (e non solo), potevamo perderci in un ennesimo Wiki-capitolo? No, grazie… Per recuperare conoscenza di Modena City Ramblers e Casa del Vento e della loro storia combat-folk c’è l’amico Internet, previa amorevole ma decisa bacchettata sulle falangette. Qua si fa il pieno di riflessioni, emozioni e vibrazioni, tanto sonore quanto umane… Un’overdose d’ispirazione, quell’unico impagabile carburante di cui più se ne carica, più si è leggeri. Ready to fly, ready to Fry!
“Mi trovi seduto per puro caso… Sono in partenza per Berlino, dove con i Modena City Ramblers parteciperò al Festival Punk Italia, insieme ai 99 Posse, a Zerocalcare ed altri. Si tratta di un evento super stimolante, creato da emigrati italiani pieni di entusiasmo e voglia di portare le realtà indipendenti italiane al pubblico dell’underground berlinese. Non vedo e non vediamo l’ora! Poi parte il Tour nei club, che comincia da Milano, alla Santeria…”
L’apertura con entrata a gamba tesa nel bel mezzo della frenetica e incessante attività live di Fry, declinata su un palco internazionale e sui generis, fornisce subito un tangibile spunto su quanto la sua musica trascenda le etichette e i contesti codificati. L’intento era per l’appunto una chiacchierata a cerchi concentrici che si propagassero in direzione contraria a quella dettata dal proverbiale sasso gettato nello stagno, muovendo dall’universalità della musica fino ad arrivare a focalizzare lo sguardo sul contesto local aretino.
Parlando di universalità della musica, e con uno dei musicisti italiani che più si spendono nell’utilizzo della musica come strumento sociale, come non cominciare, quindi, con una riflessione su quanta capacità sia rimasta a Nostra Madre Musica di sensibilizzare e – perché no? – influenzare su temi sociali e di attualità, evitando come la peste l’espressione “musica impegnata”; etichetta che relega contenuti sonori significanti su un alto scaffaletto elitario, buono quindi solo per rivoluzionari della domenica pettinatissimi e dal mignolino eretto?
“Al contrario, si parla di una cosa che dovrebbe essere estroflessa, volta ad abbracciare veramente tutti, senza creare migliaia di mini-giardinetti recintati a filo spinato! Nei miei 30 anni di attività, ho visto cambiare molto la percezione e la fruizione della musica. Quando siamo emersi con i MCR, nei primi Anni ’90, ci sentivamo parte di un vero e proprio movimento in grado di fare e spostare cose, potente (Casino Royale, Africa Unite, Timoria e tanti altri)…

Con le dovute proporzioni, una piccola Seattle italiana, con una varietà espressiva che aveva innanzitutto a disposizione palchi tramite cui diffondersi. Ogni città, a prescindere dalle dimensioni, aveva almeno 2 club con attività live frequente e qualitativa; oggi, vediamo una città importante come Pordenone, ad esempio, rimanere per anni senza un vero e proprio palco. La percezione è che ci sia molto meno spazio, e di conseguenza molta meno attenzione in un pubblico sempre più ristretto. Prima si andava in un locale, a prescindere dal sapere chi suonasse o meno, convinti di ascoltare comunque qualcosa di interessante e vivendolo a 360° nell’arco di tutta la serata/nottata. Ora si va solo per l’evento di cui si sa già tutto e si scappa a gambe levate a ballare altrove non appena viene emessa l’ultima nota da chi suona, con buona pace della funzione aggregativa e di condivisione di idee che avevano e avrebbero gli eventi musicali. Le chiusure in serie portate dalla pandemia, anche di locali storici, hanno poi fatto il resto… Tuttavia, al contrario di molti miei colleghi, non mi sentirai dire che si è trattato della mazzata definitiva per la musica in generale. Anzi, a mio parere, a livello creativo sono uscite moltissime cose interessanti post-pandemia, molte di più di quanto si vedeva e sentiva nel periodo immediatamente precedente!”
Come vedi, dal tuo occhio ormai esterno ed esperto, la situazione musicale della nostra Arezzo?
«Arezzo? Premetto che ormai è il mio buen retiro nei rarissimi momenti di pausa, quindi tendenzialmente quando torno non lo faccio in contesti correlati alla musica, al netto de La Casa del Vento… Però non la vedo benissimo, diciamo che in termini di offerta artistica siamo ben lontani dai fasti degli anni d’esordio di cui parlavamo prima! L’assenza di palchi già citata è palese nella nostra Città, dove specialmente in centro non c’è alcuna opzione per ascoltare musica dal vivo. Vero è, però, che il fermento creativo non accenna comunque a diminuire, continuano ad arrivarmi all’orecchio progetti nuovi ed interessanti… Ed il mondo della musica continua a popolarsi senza sosta di aretini che si affermano. Evidentemente, abbiamo un ottimo terreno, i cui fiori però devono sbocciare altrove. Resta comunque un peccato visto il materiale di base, perché la Musica, checché se ne pensi, con i giusti investimenti porta da mangiare, eccome… E non solo a chi la suona!»
Una Città che ha orientato i suoi investimenti altrove, cercando nuovi target e nuovi tratti distintivi mentre si dimenticava di averne già, fingendo e convincendo(si) colpevolmente che la Musica non crei indotto…
Data l’aria che tira attualmente a livello socio-politico, pare quantomai lontana la creazione di un Ministero della Musica… Ma se mai accadesse, candidiamo, sosteniamo e votiamo Fry come illuminato Ministro, in grado di dare ossigeno ad una moltitudine musicale pura e di contenuto, che fatica sempre più a trovare respiro a livello macro. Nel frattempo, continuiamo a godercelo come poliedrico ma inconfondibile musicista, tra band, collaborazioni da turnista (Omar Pedrini, Punkreas, Cristina Donà, Er Piotta, solo per citare gli artisti emersi nell’intervista, ma ci vorrebbe un articolo a sé per citarli tutti…) e progetti solisti, come l’album “Cosmic Rambler” pubblicato nel 2021.
“Ho giocato con la mia musica world e folk, inserendovi elementi inediti ed elettronici, che elevassero una musica piuttosto terrena alla dimensione cosmica del titolo… La parola “gioco”, nonostante in italiano non corrisponda alla parola “suonare” come in molte altre lingue, è stata la mia guida in questo disco. Mi sono divertito suonando di tutto, dallo strumento di plastica da mercatino delle pulci a quello più raffinato. Poi, con ospiti come lo storico percussionista Alfio Antico (Fabrizio de André, Vinicio Capossela – NdA), Francesco di Bella dei 24 Grana e Patrizio Fariselli degli Aarea… La copertina disegnata da Daniele Caluri del Vernacoliere… Una pazzia cosmo-folk, insomma, che però sta avendo un riscontro bello ed inaspettato! Appena trovo un ritaglio tra le centinaia di live in giro per Italia ed Europa, qualcos’altro in studio lo metto in cantiere di sicuro…”

di ALESSIO FRANCI

Photo Credits: Ferdinando Bassi, Silvia Saponaro, Dante Farricella

Alessio Franci
ALESSIO FRANCI

Musicomane innamorato di ogni applicazione del linguaggio. Cerco storie e suoni che mi facciano vibrare tanto ad ascoltarle, quanto a raccontarle. Osservo, rifletto, percuoto, vivo. Mi muovo per il mondo senza filtri e senza la pretesa di trainarlo, col solo obiettivo di conoscerne ed apprezzarne le sfumature più o meno armoniche.

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