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Da Arezzo a Vivienne Westwood
Fashion designer di origini italo-ungheresi, giovane e talentuoso, Daniel A.N. Pantaleo ci parla della sua concezione del mondo moda

Fashion designer di origini italo-ungheresi, giovane e talentuoso, Daniel A.N. Pantaleo è stato più volte premiato nel suo percorso sia scolastico che professionale, rimanendo tuttavia con i piedi ben piantati a terra. Daniel ci parla della sua concezione del mondo moda e del suo “dietro le quinte”.
Vanta un curriculum chilometrico che di lui rivela una motivazione e una tempra derivatagli da una continua formazione scolastica e sul campo. Studia a Firenze all’ISA, per poi trasferirsi in Germania per il master di secondo livello alla HFK di Brema, dove ha l’occasione di fare tirocini da Vivienne Westwood (Londra e Parigi), da Rick Owens e da Adidas Originals. Dal 2018 si sommano per Daniel una carrellata di soddisfazioni quali la partecipazione a contest internazionali con “Craft the leather” a Lineapelle Milano, la sfilata della propria collezione alla Fashion Week di Berlino nel gennaio ‘20 e la collezione da finalista al Mittelmoda ‘21, durante la settimana della moda milanese. Oltre a queste esperienze ce ne sono state altre a livello Editoriale ed importanti progetti artistici, come l’installazione realizzata insieme a Veranika Khatskevich alla Kunsthalle Bremen.
Che io ricordi, ho sempre avuto qualche tessuto per le mani. La prima azienda di moda l’ho fondata, per gioco, fra i cassetti di mia madre, ascoltando in sottofondo CD di rock e grunge in cerca di stoffe e scampoli per creare delle giacche ad hoc per me stesso. Il risultato era solitamente una combinazione eclettica, un clash di elementi. Un mix strano come quella volta che da una lana a spina di pesce di color verde e marrone, tirai fuori un ibrido tra un peacoat, una biker e una giacca in jeans. Il tuo divenne squisitamente punk dall’aggiunta di spille sul bavero.
Daniel ti descriveresti in tre aggettivi per i lettor* di WEARE?
«Sono una persona da sempre interessata all’arte nelle sue diverse forme e specialmente quando si riflette negli aspetti sociologici e culturali, dalla musica, al design, alla moda.
In particolare, quella per la moda è una passione che ho sin da piccolo. Essa mi catturò definitivamente quando, all’età di 13 anni, con mia madre, da cui ho ereditato la vena artistica, iniziai a realizzare i miei primi cartamodelli, con l’ambizione di trovare soluzioni che mi rappresentassero e che mi distinguessero da tutto ciò che mi circondava. Subito dopo iniziai a riprodurli, ma con il passare del tempo, sentivo sempre più la necessità di creare abiti e accessori, dando così pieno sfogo alla mia creatività. Ricordo nitidamente quando a 17 anni mi fu proposto di mostrare le mie creazioni in una delle boutique più in voga tra i ragazzi dell’aretino. Tre aggettivi che mi definiscono? Introverso, sociale e creativo.»

Chi ti ha influenzato come persona e come creativo?
«Il primo input creativo artistico si rinviene all’interno del mio nucleo familiare. A livello creativo ognuno di loro ha un mondo diverso dall’altro. Da tutti ho appreso e “rubato” tanto, per poi formare la mia personale creatività. In generale, sono dell’idea che c’è sempre qualcosa da imparare da tutte le persone in modo trasversale e in qualsiasi contesto ci si trovi, sia professionale, sia semplicemente di convivio con amici. L’importante è trovare delle persone con cui poter parlare e sviluppare un pensiero creativo. A livello prettamente creativo-professionale, i miei riferimenti sono sicuramente Vivienne Westwood e Andreas Kronthaler, oltre a Rick Owens e Michèle Lamy, con cui ho avuto occasione di collaborare durante la fashion week di Parigi nel 2019.»
Com’è lavorare a fianco dei più grandi stilisti contemporanei?
«Dopo il tirocinio nello studio di Haute Couture di Vivienne Westwood a Londra nel 2017, dove ho avuto l’occasione di assistere Andreas Kronthaler, ho imparato molto del lavoro manuale, tecnico, creativo di styling e di preparazione delle sfilate. Da questa esperienza ho tratto che il talento è per me una combinazione di devozione, curiosità e predisposizione all’ascolto e all’apprendimento. Il fatto che ora sia di nuovo parte del team di Vivienne Westwood come menswear designer per la linea ready-to-wear mi rende orgoglioso e grato verso il brand, per darmi quotidianamente la possibilità di imparare e contribuire con la mia conoscenza ed esperienza, portando avanti i loro valori creativi, estetici e sociali.»
E per finire, come immagini il mondo moda nei prossimi anni?
«La moda è lo specchio della società e delle sue continue evoluzioni. Attraverso l’arte contemporanea cerco di percepire come le tematiche comunicative e creative mutano e si sviluppano. La moda percepisce e anticipa ogni cambiamento. Ad oggi, è importante ancora di più che essa abbia un atteggiamento propositivo e attento verso la società, direzionandola e sensibilizzandola verso tematiche di ecosostenibilità e con riguardo ai diritti dei lavoratori. Il sistema della moda, per come lo conosciamo, potrà continuare ad esistere solo se sarà in grado di trasformarsi ed adattarsi alle esigenze dei nostri tempi.»

di VERONICA VALDAMBRINI

IG: @daniel.angelo.nicola.pantaleo

Veronica Valdambrini
VERONICA VALDAMBRINI

Stylist, Graphic Designer e Fashion Writer. Fin da quando ne ho ricordo, sono sempre stata attratta da situazioni, stili e differenti tipi di bellezza. Continuamente alla ricerca del nuovo ed alla riscoperta del vecchio, si affiancano a musica Jazz, Portrait Fotografici e cultura giapponese, piaceri e fonti di ispirazione per il mio lavoro e stile di vita.

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