Primavera che sgomita nervosa e svogliata, mondo che appassisce a chiazze sempre più ampie: c’è bisogno di Fiori, c’è bisogno di pop che profuma, coltivato da mani sapienti con ingredienti suonati a dovere. C’è bisogno di aprire una finestra che ci faccia respirare la nuova musica di Alessandro Fiori, cantautore che serpeggia politropo e sotto varie spoglie nella scena indipendente italiana da oltre due decenni di conclamata qualità compositiva, tra i lavori in solitaria, i Mariposa, gli Amore, gli Scudetto, i Betti Bersantini, i Craxi e innumerevoli collaborazioni.
WEARE drizza le antenne: un po’ perché la recente pubblicazione con l’etichetta 42 Records giunge inusualmente ad appena un anno di distanza dall’album “Mi sono perso nel bosco”; un po’ perché l’accoppiata di singoli “Trasloco” e “Passeggiata” merita davvero che la finestra si spalanchi. Due canzoni pop che, nel loro perimetro di tre minuti o giù di lì, condensano ed esaltano la varietà di linguaggi testuali e musicali di un fine giocoliere della forma canzone come Alessandro Fiori. Segnano andamento e umore ritmiche compassate, dipinte con tonalità inanellate in modo inusuale, a cornice e sfondo di un sentimentalismo decadente, ma al tempo stesso vivo e sognante a colori, che pervade testi
e vocalità.
Due canzoni da ascoltare e riascoltare perché si incollano all’anima con le loro istantanee di crudo quotidiano unito a voli immaginifici, perché disseminate di delizie sonore dagli ottimi musicisti che le hanno eseguite, perché canzoni ricercate, ma immediate, saporite. Due canzoni che sono un bellissimo pretesto per dar luce e voce ad un artista da non smettere di scoprire, vedendolo aprirsi ed aprire visuali sugli ultimi brani pubblicati, ma anche e soprattutto sul suo vulcano creativo in costante attività più o meno visibile.
“La mia è fondamentalmente musica leggera, pop. La canzone è una forma di linguaggio semplice, farci chissà quali elaborazioni sarebbe come usare il fumetto per descrivere concetti complessi e stratificati. Non credo di fare musica particolarmente ricercata. Ovvio che se poi la canzone precedente e quella successiva in un’ipotetica compilation sono sottofondi da acqua-gym, chissà cosa e come risalta.”
Ok, non si parla di ampollosità da musica prog, ma un verso come “[…]a sporcarmi le mani stringendo un pinolo, a pensarti croccante e plebea[…]” (da ‘Passeggiata’, nda) mostra quantomeno capacità non comuni…
“Non è roba buttata là, certo. Beh, questo mi fa sicuramente molto piacere, che venga riconosciuto e apprezzato il mio percorso poetico per questi suoi colori. In questo c’è ricercatezza, sì, ma non cerco, con la mia musica, di fare il fenomeno o il personaggio surreale. A volte c’è questo equivoco: l’iper-reale può sembrare surreale, ma di realtà tratto.”
Forse proprio il gettarla in faccia tramite immagini molto dirette la distorce in caricatura a certi occhi che così a crudo non la tollerano… ma in verità, ascoltando le due nuove canzoni, si percepisce proprio un ritorno al materico e quotidiano, per quanto pervaso e marchiato dal percorso di smarrimento interiore ed esteriore che era il concept alla base dell’ultimo album.
“Lo smarrimento vissuto con ‘Mi sono perso nel bosco’ altro non era che lo smascheramento di una condizione di smarrimento perenne, combattuta e richiesta al contempo, che esiste da sempre e che è probabilmente vitale per l’artista, allergico per natura agli appigli sicuri e ad una situazione sentimentale opaca, non infuocata, ferma. Dal bosco si torna non pessimisti, però realisti e quindi un po’ disillusi sì. Si torna giocando con il bello ed il brutto delle piccole ma grandi cose, cogliendone la poetica, ma sapendole osservare con uno sguardo più a fuoco.”
Come mai queste nuove uscite-lampo? Nel tuo percorso solista ci avevi abituato a ben altri tempi di gestazione…
«L’uscita dei due nuovi singoli è dipesa dall’incontro tra l’entusiasmo della mia nuova etichetta nel far arrivare il mio lavoro ad un pubblico più ampio ed il mio magma creativo in costante ebollizione. Ad ora, oltre ad un nuovo album solista già in lavorazione, ho qualcosa come altri 10 progetti in corso d’opera. Ho seguito questo entusiasmo ed ora che sono prodotte e pubblicate mi sento di dire che ‘Trasloco’ e ‘Passeggiata’ sono una continuazione del mio percorso che era giusto uscisse in questo momento. Non ho mai seguito schemi né imposizioni che mettessero a disagio me e di conseguenza il mio processo compositivo. I dischi hanno bisogno di essere curati e lavorati, sia prima che dopo; ho sempre fatto uscire musica quando la mia creatività, che non cessa letteralmente mai di produrre idee, ha trovato la giusta correlazione con il contesto, tenendomi alla larga da strade prestabilite, che, seguite, non mi avrebbero più fatto seguire me stesso.»
Questo è un approccio artistico, caratterizzato da cura e da una certa anarchia, che è proprio dei senza tempo, da preservare perché non produce arte, ma semplicemente è arte.
Mi suscita un paragone tra te e i grandi della letteratura rinascimentale come Dante o Petrarca, forse perché nel tuo girovagare in note tra reale e onirico, c’è sempre una tensione amorosa, che sia verso un’amata o verso l’amore stesso.
“Ad ogni intervista gioco con l’intervistatore, perché non ho desiderio né capacità di analisi, in generale ed ancor meno su di me; c’è sempre qualche nuova scoperta su quello che sto combinando. La presenza costante della tensione amorosa nella mia musica è comunque verissima. Giocando con la forma canzone cerco di tenerla viva e uno degli ingredienti principali con cui cerco di farlo è proprio la tensione verso l’amore. Gli artisti sono spesso un po’ infantili, presi dal bisogno perenne di innamorarsi. Lo specchio a volte mette in imbarazzo per questo, ma questa miccia dell’innamoramento è fondamentale per creare. Poi subentra il lato del racconto, che per lo meno per me è permeato, visto anche il momento storico, da un forte senso tragico. Ed ecco di nuovo l’innamoramento, che è sogno, speranza, vita che riprende di continuo. L’innamoramento che è anche speranza di poter continuare ad essere amati, anche se è solo un’illusione, questo, in effetti, è un rimando che torna, in correlazione con un certo classicismo.”
Un artista per essenza e non per brama, in grado di comporre caleidoscopi all’interno dei pochi centimetri quadrati della canzone pop, laddove molti (troppi?), con lo stesso spazio a disposizione, arrivano a malapena ad un sottobicchiere di cartone. Terra d’Arezzo esaltati, ché questa è la tua prole e dalle spazio, spazi, palchi, eco. Basta nicchia, che sa tanto di premio della critica che preme, compatta, schiaccia, soffoca. Finestre siano e ben aperte: di musica buona da far continuare a germogliare ce n’è, guai a lasciarla nell’ombra!
di ALESSIO FRANCI
Credits Stefano Amerigo Santoni
IG: @alesssandrofiori
FB: Alessandro Fiori
Musicomane innamorato di ogni applicazione del linguaggio. Cerco storie e suoni che mi facciano vibrare tanto ad ascoltarle, quanto a raccontarle. Osservo, rifletto, percuoto, vivo. Mi muovo per il mondo senza filtri e senza la pretesa di trainarlo, col solo obiettivo di conoscerne ed apprezzarne le sfumature più o meno armoniche.