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Andare a fondo
Simona Conti, aretina doc, viaggiatrice, femminista, cultrice della bicicletta e bazzicatrice di festival, è una creativa che evita le etichette

Il numero #6 di The Aretiner ci ha dato un saggio del suo lavoro: una Monnalisa che la terra aretina l’ha nel cuore oltre che alle spalle, ma che con il suo sguardo blu punta anche al di là, lontano nello spazio e nel tempo. Una donna che si chiama Futura, serena come una limpida notte autunnale.
Uscita dalla mente di Simona Conti.
Aretina doc, viaggiatrice, femminista, cultrice della bicicletta e bazzicatrice di festival, Simona è una creativa che evita le etichette e ama ciò che è spurio, “che si fa ibridare”. Un po’ come ha fatto lei.

Ho studiato interaction design, un percorso che mi rispecchia ma che poi ho contaminato con qualcos’altro. Con visual design definisco i miei diversi interessi tra progettazione e grafica, ma non mi piacciono le etichette. Credo che l’attitudine più importante sia quella alla curiosità. Quello che conta è la voglia e la propensione a farsi ispirare: guardare, assorbire, trasformare. Raccogliere il più possibile ciò che si ha intorno per capirsi e arrivare all’essenza delle cose. E sbagliare! Io credo che si possa sempre cambiare, a qualsiasi età. Vivere pienamente tutte le tappe di un percorso è ciò che ti consente di capire se vuoi cambiare direzione”.
E tu come hai capito che volevi dedicarti anche all’illustrazione?
«È un po’ un gioco, nato di recente. Sin da bambina ero attratta dagli aspetti visivi della realtà: mi piaceva disegnare, ho imparato a leggere Topolino. Però l’avevo lasciato da parte. La pandemia per me è stata la scusa per dire: ok, ora voglio fare questa cosa, voglio esprimermi così.»

Nei tuoi lavori tratti molti temi d’attualità.
«La società, la psiche umana, i temi legati alle ingiustizie sono quelli che mi toccano nel profondo. Nella mia illustrazione per The Aretiner parlo di Arezzo attraverso il femminismo, inteso come parità tra i sessi. Può sembrare strano parlarne in Italia, ma sotto sotto ci sono ancora tanti problemi: le donne rimangono svantaggiate, in termini di potere anche mentale, c’è la percezione che siamo “meno”.
Fino ad arrivare a una situazione come quella dell’Iran. Una delle ultime illustrazioni parla di Mahsa Amini e del movimento di ribellione: ha avuto un grande riscontro di tante donne dall’Iran e non solo che ci si sono riviste. Pensare che sia arrivato questo supporto grazie a una piccola illustrazione per me è una gioia infinita. Lì ho ritrovato la mia natura: usare l’illustrazione per parlare di tematiche sociali. Sin da ragazzina io ero la timida che però non aveva paura di dire di no quando le cose non le andavano bene.»

C’è un voluto contrasto con il tuo stile, pulito e minimale?
«Assolutamente sì. Una serie di forme apparentemente “carine” che vanno a raccontare temi profondi con pochi elementi. Spesso sono come delle macro fotografiche, si concentrano sull’elemento che sfuggirebbe ai più. Il mio profilo si chiama Bluesee perché il blu, il mio colore preferito, rappresenta la profondità, l’andare a fondo delle cose.»
E le tue ispirazioni?
«Magritte, per il suo modo di stare come un funambolo sul filo tra surreale e reale, evocando mondi; Olimpia Zagnoli; quel punto di riferimento che è Noma Bar. Hanno questo modo di esprimersi essenziale che va dritto al punto. E poi la musica, anche live. Quando lavoro (e anche quando non lavoro) ho sempre accesa la mia Tivoli. La passione me l’ha trasmessa il babbo, che ha vissuto gli anni del prog rock – ovviamente i Pink Floyd sono la base. Poi l’indie, mi piace moltissimo il jazz. Ogni cosa è ispirazione. Se il mondo diventa statico qualcosa non va; la mia dimensione è quella in cui mi muovo.»
Perciò ami viaggiare.
Per me è una necessità. Nel 2010 l’Erasmus in Danimarca è stata un’esperienza segnante: ho fatto mia la loro visione di sintesi e pulizia nel progettare e il loro approccio alla vita. Sanno godersela in questo equilibrio tra libertà, socialità, responsabilità verso gli altri che ho trovato eccezionale. Ma mi piace tenere la base qui: io amo Arezzo. Ora abito in campagna e me la vivo bene grazie all’amore per la bicicletta, che per me è la massima espressione di libertà. Trovo il bello della città dove si apre e si fa contaminare. Penso al Men/Go, il teatro, il Cinema Eden che ora è in difficoltà… In questi giorni ne parlo a tutti, sostenete l’Eden!»

di VIVIANA RIZZETTO

simonaconti.net
IG: @blueseeillustrations

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