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Pennellate d’inquietudine, con Grazia

Grazia Mori, anima punk, poco più che vent’enne, vanta già una notevole ed ampia produzione di quadri intensi

Arezzo città degli artisti. Verità poco affermata e praticata, soprattutto a livello istituzionale, ma incontrovertibile. Non c’è infatti stato un singolo numero della nostra rivista in cui abbiamo dovuto faticare per inserire delle pagine d’arte, al contrario: emerge sempre qualche nuovo talento che ci fa scattare teste, sguardi e cuori sulle sue opere, mettendo sempre più a dura prova le vertebre cervicali della vostra fidata redazione, pur rodata ed indomita nella ricerca della bellezza. Stavolta, a magnetizzare l’occhio di WEARE e dello scrivente, sono stati i dipinti di Grazia Mori.
Anima punk dallo sguardo ardente, armata di sensibilità debordante e piratesco teschio stilizzato tatuato sul braccio, poco più che vent’enne, vanta già una notevole ed ampia produzione di quadri intensi, magneticamente inquietanti e dal tratto pennellato riconoscibile e difficilmente dimenticabile, se si è muniti di occhi connessi ai propri abissi interiori.
Parlando con lei della sua indole artistica e del suo lavoro artistico, si viene investiti da una rigenerante profondità nell’osservare e muovere sé stessa ed il mondo che percorre, libera, tra Toscana, Venezia, Londra e… chissà. Una profondità non solo verticale, che scava fin dentro le voragini cose, fatti e persone, ma anche orizzontale, in grado di vedere da diverse prospettive e sfaccettature.
Doti non acquistabili, innegabili plus chiaroscuranti per ciò che tenta di essere arte, arricchendo ciò che finisce sulla tela di contrasti che non possono non sconquassare e magnetizzare l’osservatore, stimolandolo a sua volta verso una multiformità analitica ed emotiva nella fruizione di opere dalle vacuità dense, piene di vibrazioni brutalmente umane.
Sono contenta che venga percepito, con le mie opere, questo senso di inquietudine ed ambiguità, che porta anche elementi di vivacità nella percezione. Si tratta proprio del mio intento: non andare a parare su qualcosa di specifico, che precluda le interpretazioni e di conseguenza l’apporto che posso dare, con ciò che faccio, a chi lo guarda. L’obiettivo, nel creare un dipinto, credo sia di far porre almeno una domanda a chi poi sarà posto davanti ad esso. Per farlo, devi disorientare, fuggendo da ogni possibile etichetta o inquadramento, esortando, semplicemente con ciò che esprimi, alla decifrazione della realtà.
Oltre che negli elementi di vivacità, questa ambiguità nell’inquietudine è data anche da una sorta di accessibilità. I tuoi sono quadri di lettura semplice, che attraggono nell’immediato e trascinano poi dentro ad un tuo mondo che è tutt’altro che semplice: contiene e trasmette vibrazioni ed elementi complessi, che muovono elettrificando dentro… in fondo, l’inquietudine è il contrario della quiete, intesa non solo con la solita placida accezione positiva, ma anche come staticità, immobilismo.

Può essere un tratto in qualche modo ricorrente visibile a posteriori, questa rappresentazione di un’umanità figurata, semplice, che contiene poi tratti più o meno profondi o disturbanti… ma non è mai un qualcosa che nasce a priori, nell’approccio al dipinto. C’è sì la parte analitica, che si declina nell’approfondimento e nella rappresentazione di ogni aspetto dell’umanità che osservo e che mi colpisce, ma c’è sempre ben presente anche la parte animalesca, cosa che credo si noti anche solo dalle pennellate intense presenti nei miei quadri. C’è sempre un lato fisico e istintivo che tendo a mantenere e ricercare. Credo che l’elemento più tangibile e motorio di un dipinto sia quello che riesce a trasmettere in modo più efficace e diretto l’emozione che si cerca di trasferire nell’opera e con l’opera.
Cosa significa per te fare arte, espressione abusata e scivolosamente sfumata nei significati e nelle interpretazioni come poche altre?
«In fondo, è ricerca della verità tramite l’istinto. Istinto guidato da un progetto, c’è certamente una ricerca di qualcosa… Il progetto ed il qualcosa, però, si delineano solo una volta che hai cominciato a produrre. Trovo poi che sia fondamentale perseguire un equilibrio tra la parte istintuale ed il rendere l’opera comunicativa: cerco di raccontare qualcosa, qualcosa che però non sia immediatamente chiaro, descrittivo.»
Quale può essere, secondo te, il valore sociale potenziale dell’arte oggi, sempre che possa ancora averne uno? Max Gazzè e tanti altri prima e dopo ci hanno ben raccontato cosa “una musica può fare”… Un quadro, cosa può fare?
«L’arte è quel lato della vita umana che, per antonomasia, si discosta dagli altri per il suo essere privo di scopo, per il suo non avere una precisa utilità. La sua potenza dipende molto dalla soggettività di chi la osserva. Posso dire che in me ha avuto un impatto enorme, proprio nelle modalità di decifrazione della realtà di cui parlavamo, diversificando le modalità di lettura delle cose; impatto che, da personale, si riversa inevitabilmente nell’impatto che, da persona, ho nella società. L’arte induce all’osservazione ed allo sviluppo di uno spirito critico e questa incidenza sull’essere umano è una caratteristica essenziale che spingerà sempre chi ne fa uso ad andare oltre, col proprio sguardo. Oggi siamo costantemente sovraesposti, con ritmi frenetici, ad un’enorme quantità di immagini che tendono ad uniformarlo ed anestetizzarlo, lo sguardo… è quindi indiscutibilmente più difficile soffermarsi, così come di conseguenza anche far soffermare. Con la mia arte, sinceramente, cerco di trascendere l’attualità, se non nello svisceramento dei vari lati dell’essere umano, andando oltre tendenze e spazio-tempo. Ecco, l’arte potrebbe ancora oggi essere un traino a cui agganciarci per superare l’assuefazione alle tendenze che subiamo, sommersi da questa ondata comunicativa e figurativa. L’arte ha tutto il potere di tornare a far vincere la qualità e la selezione sulla quantità ripetitiva, sull’ingordigia di tanti piccoli vuoti.»

di ALESSIO FRANCI

IG: @mori_grazia

Alessio Franci
ALESSIO FRANCI

Musicomane innamorato di ogni applicazione del linguaggio. Cerco storie e suoni che mi facciano vibrare tanto ad ascoltarle, quanto a raccontarle. Osservo, rifletto, percuoto, vivo. Mi muovo per il mondo senza filtri e senza la pretesa di trainarlo, col solo obiettivo di conoscerne ed apprezzarne le sfumature più o meno armoniche.

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