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Un uomo solo al comando
Rinaldo Nocentini, aretino che ha indossato la maglia gialla al Tour De France nel 2009

Passare tutta la vita in sella alla propria bici, cadere per rialzarsi ogni volta più forte, per inseguire la propria passione e i sogni che sin da bambino lo hanno contraddistinto: Rinaldo Nocentini ha reso questo stile della disciplina come fonte d’ispirazione. Il ciclismo, più di altri sport, è un mix di sacrifici, dall’alimentazione alle giornate intere passate ad allenarsi che portano, se seguiti con dedizione e costanza, a delle immense soddisfazioni: “Come la maglia gialla indossata al Tour De France nel 2009! Credo che sia stato l’anno in cui ho raggiunto l’apice della mia carriera…
Rinaldo, prima di approfondire l’esperienza con la maglia gialla al Tour del 2009, cosa ti ha spinto ad avvicinarti a questo sport?
«Mi sono appassionato al ciclismo intorno ai sei anni grazie a mio fratello che già aveva intrapreso questa strada, anche se nella mia famiglia questa disciplina è sempre stata presente. Prima di diventare professionista ho raccolto molta esperienza nei dilettanti. Le prime vittorie sono arrivare quando militavo nella categoria Juniores e mi hanno fatto capire che questo sport sarebbe potuto diventare una professione. Infatti, in quei due anni, sono diventato prima Campione Toscano, poi sono arrivato terzo ai Mondiali di categoria. Un’ulteriore spinta è stata sicuramente l’aver raggiunto nel 1998 il secondo posto di categoria Under 23 ai campionati mondiali di Valkenburg, dietro a Ivan Basso e davanti a Danilo De Luca, in un podio tutto italiano. Da lì il mio passaggio al mondo professionistico, dove ho militato per oltre vent’anni.»
Il passaggio da dilettante a professionista è quasi sempre un rischio, tu come lo hai vissuto?
«Beh l’inizio è entusiasmante perché sei giovane e hai in squadra un sacco di campioni da cui imparare. Inizia a fare esperienza, anche se con il tempo capisci che è difficile emergere. Infatti, i migliori risultati li ho ottenuti tornando in squadre meno blasonate. Una delle vittorie che ricordo particolarmente è avvenuta nel 2003: sono stato il primo aretino a vincere il Giro della Toscana ad Arezzo, una soddisfazione immensa. Con la vittoria di corse risonanti, sono riuscito a partecipare al Campionato Mondiale di ciclismo su strada a Salisburgo con la Nazionale. Le soddisfazioni più importanti della mia carriera sono, però, arrivate quando sono approdato alla squadra francese “AG2R La Mondiale”: dagli otto giorni della maglia gialla al Tour de France, alla Parigi-Nizza (secondo posto).»
Nel corso della tua carriera hai partecipato a Competizioni Mondiali, ai Grandi Giri e alle Classiche Monumento: a quali ti senti più legato?
«La Milano-Sanremo mi è sempre piaciuta come gara anche se sono sempre stato consapevole che non era proprio adatta alle mie caratteristiche. Quella che considero la mia preferita, anche se spesso sono riuscito a classificarmi bene, ma mai ad ottenere il risultato in cui credevo, è sicuramente la Liegi-Bastogne-Liegi: ho sempre cercato di preparala nel migliore dei modi, mi rispecchiavo molto in essa.»

Hai gareggiato con molti professionisti, quale ti ha più ispirato e quale hai considerato più forte?
«Il mio idolo e ciclista a cui mi sono ispirato da quando ho iniziato questo sport, è stato Gianni Bugno: aveva un fan club a Montemurlo, quando ha terminato la carriera hanno iniziato a seguire me, è stato bellissimo. Mentre tra i corridori con cui ho gareggiato, Contador è stato il più continuo e con Armostrong avevano una tempra impressionante; tra gli italiani Paolo Bettini: nelle gare di un giorno, non solo in Italia ma nel mondo, aveva delle caratteristiche uniche.»
La Maglia Gialla; quali sono state le sensazioni più belle negli otto giorni in cui sei riuscito a vestirla?
«Sono stati otto giorni bellissimi: un aneddoto che ricordo con piacere è la mattina dopo la prima conquista, con il mio massaggiatore che voleva accompagnarmi al podio, dissi che avrei fatto da solo, ma una volta sceso dal bus sono dovuto tornare indietro perché c’erano tanti tifosi ad aspettare la maglia gialla. Nel primo giorno non mi sono molto reso conto dell’impresa, ero concentrato sulla corsa, ma poi con il passare del tempo sono riuscito veramente a realizzare. Nel giorno di riposo, poi, ero assediato positivamente in Hotel da giornalisti e telecamere. È stata per me una soddisfazione immensa indossarla otto giorni, di gara, più uno! Sono momenti che rimarranno indelebili nella mia memoria, ma anche in quella di tante persone che mi hanno sempre supportato.»

di RICCARDO BUFFETTI

Riccardo Buffetti ok
RICCARDO BUFFETTI

“Ah l’amor che move il sole e l’altre stelle…” Il romanticismo è una delle chiavi della mia scrittura, passione nativa del mio essere. Più avanti si sono aggiunte, ahimè, quelle sportive che ne hanno preso il sopravvento soprattutto su ambito lavorativo. Bilancia ascendente Scorpione di quell’ottobre del ‘93. Scrivo per cercare l’emozione, parlo per raccontarle.

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