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Per un sorriso
La Tribù dei Nasi Rossi da ormai vent’anni, trasforma l’energia di un reparto, regalando un momento di serenità

Quello che una persona non si aspetta entrando in un reparto ospedaliero è il sorriso. Non crediamo sia possibile staccare la spina anche solo per 5 minuti e provare a trovare l’unico raggio di sole in una giornata grigia.
Ebbene, quello che tenta di fare La Tribù dei Nasi Rossi da ormai vent’anni è proprio questo: trasformare l’energia di un reparto, regalando un momento di serenità.
Abbiamo parlato con la presidente Erika Cardeti, responsabile non solo della nascita dell’associazione, ma della formazione dei clown prima di farli entrare in corsia. “La tribù nasce dall’esigenza di portare qualcosa di positivo all’interno delle nostre strutture ospedaliere e dalla voglia di mettersi in gioco di ognuno di noi.
La tribù è esclusivamente composta da volontari, che seguono un corso gratuito per quattro mesi, ed ogni anno ne fanno uno di aggiornamento, per apprendere nuove conoscenze e nuove tecniche per entrare in reparto: “Ricordiamoci sempre che siamo dentro ad un ospedale, dobbiamo essere veloci a capire la situazione che c’è in ogni stanza ed essere empatici con ogni singola persona: non soltanto il bambino e il genitore, ma anche con dottori ed infermieri, evitando di disturbare il loro lavoro.” Continua Erika.

Quando pensiamo ai clown dottori i primi pazienti che ci vengono in mente sono i bambini ed associamo il loro lavoro esclusivamente alla Pediatria. Ma in realtà non è così, perché dal 2010 la tribù è stata accolta anche nel reparto di Oncolo- gia, Radioterapia e Chirurgia Pediatrica.
La nostra è una clownterapia attiva che usa clownerie ed improvvisazione per la riabilitazione di deficit cognitivi conse- guenti a gravi cerebro lesioni acquisite, sindrome di down, disturbi alimentari. È compito dell’associazione, inoltre, portare avanti la ricerca scientifica sugli effetti positivi della risata, organizzando convegni e pubblicando ricerche.
I nostri clown aretini però non operano solo nel nostro territorio; alle spalle hanno ben quattro missioni: Abruzzo, Palestina, Emilia Romagna e Amatrice, e segnalano la loro presenza a Villa Monteturli a Firenze, ricovero per gravi cerebrolesi.
Ma come si diventa un clown?
Ogni due anni, la tribù chiama a raccolta chiunque abbia voglia di aiutare e mettersi alla prova. Gli intervenuti vengono divisi in due gruppi, ognuno dei quali avrà davanti a se due giornate intense di lavoro, dove, sotto gli occhi attenti di Erika e di altri membri “senior” della tribù, parteciperà a giochi di gruppo in cui potrà mostrare quanto è pronto e capace a calarsi nella parte. Sarà poi compito di tutti i membri decidere chi sarà idoneo o meno.
Ovviamente il problema pandemia ha toccato anche loro, impedendo l’ingresso in ospedale. Ma la tribù è attiva, quindi anche se non dentro ai reparti, ha cercato di tener compagnia e umore alto attraverso i social, in particolar modo Facebook; tutti i componenti si sono impegnati a creare video con gag e numeri esilaranti che durante il lockdown hanno incurvato all’insù il nostro sorriso.
Questa onlus non solo è importante per gli effetti terapeutici che porta al nostro ospedale, ma anche per l’immensa generosità che offre: grazie alle varie donazioni che sono state fatte nel corso del tempo, la tribù ha donato macchinari importanti ai vari reparti, come tiralatte elettrici in Neonatologia ed ecografo e monitor in Oncologia, a dimostrazione di quanto sia importante il loro lavoro per la nostra città.
Come avrete capito dietro ad un naso rosso ed un camice c’è molto di più e sono proprio questi gli ingredienti che fanno della tribù un importante valore aggiunto per il nostro polo ospedaliero.
Grazie a tutti i nostri clown!

latribudeinasirossi.org
FB: La Tribù Dei Nasi Rossi Onlus
IG: @latribudeinasirossi

di CHEYENNE MARIOTTI

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CHEYENNE MARIOTTI

Aspirante fotografa professionista, divoratrice di libri e tiramisù, zia all day all night long. Cheyenne Mariotti, classe ’91 è un mix di colore ed emozioni. Futura dottoressa in lingue e futura mamma, ha paura solo della panna nella carbonara.

 

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