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By torzi!
Francesco Torzoni, musicista e producer che con il progetto Torzi ha prodotto e produce per la scena rap e hip hop di Arezzo

Abbiamo incontrato Francesco Torzoni, musicista e producer che con il progetto Torzi ha prodotto principalmente per la scena rap e hip hop di Arezzo.

Sei dentro al mondo della musica aretina da tempo: parti come bassista, hai suonato con vari artisti aretini e collaborato con Slick Nova Family.

«Quando ero piccolo mi sono trovato un basso a casa grazie a una sorella più grande, a cui devo tanto musicalmente. Mi ha aiutato lei, ho iniziato da lì. Crescendo ho conosciuto altre persone e ho iniziato a suonare: la classica band adolescenziale come più o meno fanno tutti. Però noi abbiamo continuato, ci siamo sempre stimolati a vicenda e tutt’ora condividiamo una sala prove.»

Ad Arezzo ci sono tant@ che fanno musica. Come vedi la “scena” cittadina?

«La scena musicale aretina è ricca, soprattutto di giovanissimi. Per organizzare delle serate live per Porta Sant’Andrea mi sono trovato a cercare band locali, ci sono eccome e valide. Però non ci sono secondo me i canali giusti per farsi conoscere. La città musicalmente è messa benissimo, con il Mengo e altre iniziative d’estate si fa un sacco di roba, però promuovere gli artisti locali è fondamentale per la crescita di questa realtà e quello non c’è. Arezzo Che Spacca mi sembra l’unica realtà che ultimamente fa qualcosa in tal senso. I locali per la musica live c’erano; ora rimane il Rock Heat, oppure il Comix Café che fa alcune serate ma non è un posto dedicato a quello. Chi non ha un’etichetta per farsi conoscere deve farsi sentire: come fai se suoni ad Arezzo una volta ogni due mesi? E qui entrano in gioco i social: usi quelli, diciamo che è necessario.»

Pensi che i social c’entrino in questo discorso?

«Ora molto gira intorno ai social. Ma lo faccio anch’io, di andare a sentire l’artista e farmi la storia: è questo momento storico ed è giusto che sia così. Però è vero che questa generazione vede la musica in maniera diversa: esce l’album che va in trend, si sente una settimana e poi via, avanti il prossimo. Non c’è la curiosità che aveva la mia. O perché l’artista ha fatto uscire il disco, o perché è in voga, c’è una motivazione per cui uno va a vedere un concerto e non è la curiosità, nella maggior parte dei casi, secondo me.»

Ma cosa fa un producer musicale?

«Viene visto principalmente come il beatmaker, ma per me è un musicista a 360 gradi: pensa alla struttura della canzone, a come dovrà cantare l’artista fino alla fase di registrazione, mixaggio, mastering. Alcuni sono molto famosi perché fanno davvero tanto nel brano, come Sick Luke in Italia per dirne uno.

La registrazione è un mondo molto vasto che mi ha sempre appassionato: ciò che mi piace di più è quando parti con un’idea, registri e costruisci una base, ma poi ti fai trasportare e nasce qualcosa di più. Quello per me è il bello, questa curiosità in me suscita l’emozione che hai quando fai musica.»

Tu quindi crei beat per altri. Come funziona poi?

«L’hip hop è sempre stato così, c’è il beatmaker e c’è il rapper che pensa solo ai testi che scrive e canta, anche se alcuni a livelli alti (Kanye, Kendrick) fanno tutto. In questo genere musicale le parti ritmica e melodica possono essere completamente indipendenti, se funzionano. È questo che mi ha attirato. Poi non è che il beat è pronto al 100%, quando c’è l’incontro con l’artista si lavora e ci si adatta. Ora sto lavorando con Brina, un ragazzo di Foiano che ha alle spalle già un album e diversi live tra cui il Mengo 2023. È stato un incontro nato per caso dalla passione per l’hip hop: lui per esempio ha sentito i miei beat e mi ha contattato, poi aveva un testo che pensava potesse adeguarsi a una delle mie basi.»

A cosa state lavorando attualmente?

«Un brano che si chiama Pierrot Le Fou è un freestyle che è uscito qualche mese fa, e ora ne abbiamo due in uscita a metà aprile: uno sempre hip hop con influenze Detroit, e un pezzo cassa dritta, alla Machete Mixtape. Ma l’idea è di fare uscire qualcosa di più serio insieme, e per questo ci tengo a ringraziare la Blue Dot Productions, che ci sta seguendo non solo dal punto di vista del mix ma anche artisticamente.»

Cosa ti auguri per il futuro?

«In questo mondo ci sono da pochi anni e ho ancora tanto da imparare, ma mi piacerebbe che un giorno diventasse il mio lavoro perché è la mia passione più grande. Ma anche se non lo diventasse, voglio sottolineare che finché respiro farò questo perché è ciò che più amo.»

 

di VIVIANA RIZZETTO

Credits Aldo Mazzi

Viviana Rizzetto
VIVIANA RIZZETTO

La valigia è diventata fondamentale da quand’ero bambina, così la mente l’ha seguita. Teinomane, nictofila, multitasker; un po’ nerd. La laurea in lettere l’ho presa perché credo che la letteratura e la scrittura siano le cose più fighe che l’umanità abbia inventato.

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