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storie che sono la mia #6
Il dibattito creatosi nell’ultimo mese fa ben sperare nell’effettiva presenza di una reale coscienza collettiva sul tema della violenza di genere nel nostro Paese

Cosa è successo ad Aprile

Oggi è il 10 Aprile 2025 e ne sono successe di cose nell’ultimo mese.
Il 13 Marzo è uscita su Netflix “Adolescence”, miniserie britannica che esplora i temi del cyberbullismo e della sub-cultura incel (dall’inglese “involuntary celibate”, composta da individui che motivano il loro non trovarsi in una reazione sessuale o affettiva a causa del loro aspetto fisico, non conforme a presunti criteri sociali oggettivi e indipendenti dai soggetti; caratteristiche base della subcultura incel sono, tra le altre, misoginia e cultura dello stupro, in quanto gli incel incolpano essenzialmente le donne per il fatto di sentirsi rifiutati) tra i giovanissimi, non ispirandosi tanto a una storia vera quanto a un fenomeno sociale sempre più diffuso: Nel 2021 la Commissione Europea ha realizzato una ricerca sul mondo incel, dove l’Italia risulta essere al quarto posto – preceduta solo da Germania, Regno Unito e Svezia – per consistenza e attivismo. – Fonte Treccani. La serie, tanto disturbante quanto divisiva, ha indubbiamente avuto il merito di portare a conoscenza del pubblico generalista una tematica in inquietante diffusione, considerando anche la perdurante assenza di leggi e normative adeguate per la regolamentazione del web.
In pochi giorni, poi, le cronache nazionali ci hanno parlato di due casi di femminicidio: prima Sara Campanella, uccisa a coltellate il 31 Marzo in strada a Messina per mano di Stefano Argentino, compagno di università che, ossessionato dalla ragazza, non accettava di non essere corrisposto; poi Ilaria Sula, scomparsa il 25 Marzo e ritrovata nella notte tra il 1° e il 2 Aprile in un bosco di Roma, dentro a una valigia, uccisa a coltellate a seguito di una lite dall’ex fidanzato Mark Antony Samson. E ancora, i QR Code affissi per le strade di Roma, poi rivelatisi frutto di un progetto universitario di alcune studentesse dello IED sul tema del revenge porn. I codici promettevano (falsamente) di riportare a video sessualmente espliciti e non consensuali. Il risultato: 8.000 click in una settimana. – Fonte Open
In questo contesto, l’8 Marzo scorso il Governo ha (simbolicamente) presentato un nuovo disegno di legge su femminicidio e codice rosso, che punta a inserire il termine “femminicidio” all’interno del codice penale (Art. 577-bis); il DDL non è stato tuttavia esente da critiche, specie in campo giuridico, per la sua struttura ancora incerta. Inoltre, permetteteci un monito: l’inasprimento delle pene da solo non basta ad arginare il fenomeno, se non viene affiancato da un vero, sicuramente lungo e complesso cambiamento culturale, da mettere in atto quanto prima. – Fonte Avvenire
Infine, la notizia più importante e discussa degli ultimi giorni: la condanna in primo grado all’ergastolo per Filippo Turetta, colpevole dell’omicidio di Giulia Cecchettin, con l’esclusione delle attenuanti generiche e il riconoscimento dell’aggravante della premeditazione (ma non di quelle dello stalking e della crudeltà, nonostante le 75 coltellate inferte, riconosciute nelle motivazioni della sentenza piuttosto come frutto di “inesperienza e inabilità”).
Motivazioni che hanno scatenato una forte indignazione sui social, trainata anche dalle dichiarazioni di Elena Cecchettin, sorella di Giulia e attivista per il tema, facendo riemergere il dibattito relativo al gap tra legislazione “non incisa nella pietra” ed esigenze (o meglio, emergenze) sociali. In relazione a tutti questi temi, possiamo dire che in generale il dibattito creatosi nell’ultimo mese fa ben sperare nell’effettiva presenza di una reale coscienza collettiva sul tema della violenza di genere nel nostro Paese. Da qui in avanti sta anche, ma non solo, a noi: le vittime collaterali del femminicidio – noi incluse – non ci devono nulla. Le istituzioni sì. – Fonte thePeriod

Se “è successo anche a te” e ce lo vuoi raccontare, scrivi a Collettivae oppure a redazione@wearearezzo.it e daremo voce alla tua storia.

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