Sumud
“Una parola araba piuttosto difficile da tradurre. È scivolosa, sfuggente, cambia spesso significato. Alla lettera, vuol dire “fermezza”, o “perseveranza”. In italiano si potrebbe anche tradurre con “resistenza”, ma non fa necessariamente riferimento alla lotta armata. Qualcuno sceglie la tanto abusata “resilienza”, anche se il Sumud è molto più di questo. Perché riguarda l’azione, s’alimenta di pazienza ma è attivo, è vivo. È vitale. Per i palestinesi è un simbolo nazionale, un valore ideologico e culturale, sia individuale che collettivo. È anche una strategia politica, il Sumud è una sfida al destino.” – Fonte Il Tascabile
Sumud è anche il titolo dell’evento tenutosi lo scorso 23 Maggio presso il Centro Onda d’Urto di Villa Severi, organizzato in collaborazione con Chimera Arcobaleno Arcigay Arezzo, Oxfam Italia, Arci, Arezzo Per Gaza, Un Ponte Per e Circolo Aurora. Vi raccontiamo com’è andato!
La giornata si è aperta alle 19.30 con Leggèræ, il book club di Collettivæ, a tema “Islamofobia e White Saviorism dei Femminismi Occidentali”. Il primo titolo trattato è stato “Decolonialità e Privilegio” di Rachele Borghi, che partendo dalla propria esperienza personale propone un nuovo paradigma di decostruzione attiva e “agita” del colonialismo, rifuggendo dall’auto-assurta “scientificità” del pensiero occidentale dominante, riconosciuto in ultima istanza per ciò che è: un mero privilegio. La riflessione è poi proseguita con “Handala” di Naji al-Ali, il più grande fumettista palestinese, assassinato a Londra nel 1987, in circostanze mai completamente chiarite. Handala – il personaggio poi divenuto la sua firma – è un bambino di cui non vediamo mai il volto, che sarà “rivelato solo quando i rifugiati palestinesi torneranno in patria”. Attraverso di lui, Naji al-Ali ha denunciato l’orrore, la resistenza e la sofferenza del popolo palestinese, criticando l’occupazione illegale israeliana, il governo palestinese e i regimi arabi. Dopo una piccola pausa ristoro con apericena sociale a base di piatti tradizionali mediorientali, alle 22 è stata la volta di “Mettersi al Margine”, l’intervento in collegamento direttamente dal Medio Oriente con l’attivista israeliana Gili Avidor, volontaria per “Looking The Occupation in The Eye”, associazione composta da cittadini israeliani, concretamente attiva all’interno della West Bank tramite la “presenza protettiva” nei confronti le vittime del conflitto e la lotta all’occupazione. Il dialogo con Gili – moderato da Asia Bigozzi – è stato crudo e toccante: ci ha raccontato di come la situazione a Gaza abbia impattato fortemente sulla sua vita, in quanto ha perso una persona cara negli attacchi del 7 ottobre e per motivi ideologici ed etici ha successivamente deciso di distanziarsi dalla propria famiglia d’origine.
Ancora oggi vive in Israele, ma afferma di sentirsi meno al sicuro lì rispetto a quando si trova nella West Bank.
L’evento è stato sentito e partecipato, e anche la raccolta fondi legata alla serata ha ottenuto buoni risultati, i cui proventi verranno totalmente devoluti al Palestinian Feminist Collective.
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