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Fischio Doppio
Come si vive il ruolo di direttore di gara? Ce lo raccontano in un'intervista doppia gli arbitri Irene Fabbri e Flavio Barbetti

Preparati, determinati e con la passione per il fischietto. Sono gli arbitri della Sezione AIA di Arezzo. Un gruppo di ragazzi di oltre 208 associati uniti da uno sport, il calcio, di età compresa fra i 14 e 40 anni, che ogni fine settimana hanno il compito di assicurarsi che le partite si svolgano nel pieno rispetto delle regole di gioco. Una responsabilità importante, in cui non si trovano differenze di genere: come ha dimostrato l’esordio in Serie A maschile dell’arbitro Maria Sole Ferrieri Caputi.
Per farci raccontare la loro esperienza e come si vive il ruolo di direttore di gara, abbiamo il piacere di intervistare Irene Fabbri, arbitro della sezione provinciale di Arezzo, e Flavio Barbetti, promosso CAN D nella scorsa estate.

La prima domanda è una precisazione: arbitro o arbitra?
I: «Arbitro! Tanto si capisce il genere in campo!» (ride, ndr)
F: «Sono d’accordo con la mia collega.»
Com’è iniziato il vostro percorso nel mondo arbitrale?
I: «In casa mia si è sempre “masticato” calcio, in quanto mio padre è un ex calciatore. Ho iniziato tardi, a 19 anni e in concomitanza con l’università; l’esperienza è stata e continua ad essere bellissima. Lo sport da ritmi e disciplina, questo mi ha molto aiutato nello studio e a livello caratteriale nell’affrontare certe situazioni a cui l’arbitraggio ti mette di fronte.»
F: «Io ho iniziato a 15 anni dopo aver ricevuto un invito tramite lettera dalla Sezione e da allora sono passati nove anni. L’arbitraggio mi ha aiutato molto nella scuola: lo sport in generale da disciplina, ma con il fischietto segui e fai rispettare delle regole e per farlo devi essere il primo a conoscerle. Il mio percorso è andato di pari passo con la formazione universitaria, ed oggi unisco la mia passione al tirocinio per diventare dottore commercialista.»
La responsabilità in campo è sempre tanta, come la vivete?
I: «Da un lato è appagante; sai di incidere e di avere un’importanza: dall’altra tante responsabilità portano ad altrettante incombenze soprattutto se la partita, per esempio, non va bene.
Spesso è difficile non portarsi a casa il risultato negativo, ed è stata
sempre la parte più difficile il distacco dall’errore.»
F: La responsabilità la associo alla preparazione, è vero andiamo in campo e siamo al centro all’attenzione, prendiamo decisioni che influiscono sulla gara, ma se a monte c’è la preparazione atletica,
regolamentare, comportamentale, io la vivo bene e sono in pace con me stesso. L’errore fa parte del gioco: se sei consapevole di aver dato il massimo vivi tutto emotivamente in maniera più soft.»

Quanto è stato importante per il movimento calcistico l’esordio da primo ufficiale in una gara della massima serie maschile di un arbitro donna?
I: «È un grande passo in avanti per il calcio e farà bene a tutto il movimento. Dimostrazione che anche nelle serie più importanti quando c’è la preparazione, la passione, la consapevolezza di ricoprire un ruolo importante, il genere passa in secondo piano. L’essere donna non deve essere un alibi, a parità passa chi è più bravo, e questo premia anche nel mondo del calcio, prettamente finora maschilista.»
F: «Ho accolto con felicità l’esordio di Ferrieri Caputi. Alle mie colleghe dico che in questo momento hanno una grande opportunità. Non esiste un genere A o B. Credo che con la giusta preparazione non esista disparità.»
Avete mai assistito a discriminazioni dentro o fuori dal campo?
I: «Con i giocatori ho sempre avuto ottimi rapporti perché sono cresciuta in un contesto in cui la figura femminile stava emergendo. In casi di difficoltà la sezione ha sempre dato un grande supporto a tutti, e non sempre è facile trovare una squadra; in questo caso l’appoggio del gruppo non manca mai.»
F: «Ho avuto la fortuna di non essermi mai imbattuto in situazioni simili o spiacevoli. Come dice Irene la nostra sezione e la regione, ma anche la categoria nazionale, ci trattano allo stesso modo, pari oneri e pari onori. Ognuno ha la stessa base di partenza.»
Perché fare l’arbitro oggi?
I: «È un’attività diversa. Non è solo sport: è la possibilità di crescere, trovare amici, tanto divertimento e aggregazione, tanto più del fischio e del taccuino in campo. Penso sia un’esperienza da provare nella vita.»
F: «Invito senza impegno a scoprirci: la sezione di Arezzo è allo Stadio Comunale e trovare in questo periodo una famiglia e una squadra aperta come la nostra non è scontato, per un’esperienza da non limitare solo all’ambito sportivo.»

di RICCARDO BUFFETTI

aiaarezzo.it

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