Dall’11 al 19 luglio, Sansepolcro si animerà per la ventitreesima edizione della manifestazione internazionale e multidisciplinare di teatro, danza, performance e musica, Kilowatt Festival. Per l’occasione abbiamo intervistato Luca Ricci, uno dei suoi ideatori e direttori, che assieme a Lucia Franchi, altra ideatrice, hanno fondato l’associazione culturale CapoTrave/Kilowatt.
Che cosa propone il festival?
«Kilowatt è un festival multidisciplinare che combina insieme linguaggi artistici diversi e che presenta però questa commistione di arti anche all’interno dei singoli spettacoli. Vogliamo proporre al pubblico dei linguaggi innovativi, con proposte sceniche a volte meno «rassicuranti» di un teatro commerciale, presentando volti nuovi con idee diverse e innovative. Il claim di quest’anno è «un’invincibile estate», frase di Albert Camus, la cui forza positiva ci sembrava perfetta per questo momento storico in cui ci sentiamo scoraggiati, mentre la madrina di quest’edizione sarà Raffaella Giordano, coreografa e pedagoga influente, nonché fondatrice di Sosta Palmizi.
Ci saranno quarantacinque spettacoli teatrali, nove concerti, sessantatré repliche, il tutto concentrato in nove giorni. Questo significa che per ogni giornata ci saranno una decina di appuntamenti. L’idea dietro questo evento è che ci si affidi anche un po’ all’onda di quello che accade sul posto: ciò che magari vai a vedere una sera non è detto che rispecchi completamente le informazioni che avevi su quello spettacolo, perché tutto viene vissuto in base al momento. Può essere anche divertente recarsi direttamente in loco senza sapere nulla e vedere quello che c’è in quel momento. Sarà possibile trovare spettacoli comici con accanto cose più concettuali, spettacoli itineranti, drammaturgia, monologhi, nuclei con molti attori, ecc. Per fare degli esempi ancora più concreti, ci sarà un palco a pianta centrale dove gli spettatori saranno intorno agli attori, spettacoli per una sola persona o per tre persone alla volta, laboratori residenziali e altro ancora. Oltre ai vari appuntamenti del programma, sarà presente anche una zona chiamata bengodi dove le persone possono mangiare, bere e ascoltare la musica dei dj che suonano fino a notte inoltrata.»
Secondo voi il pubblico va indirizzato a sperimentare?
«Riteniamo che ci sia sempre un po’ di diffidenza verso linguaggi contemporanei a tutti i livelli, perché spesso le persone ritengono di non poterli capire e noi vogliamo dire che non è assolutamente vero, perché tutti possono capire tutto e a volte, come diceva De Gregori, forse non c’è nulla da capire e bisogna solo mettersi lì davanti ad osservare e abbandonarsi a quel momento. Vorremmo che il pubblico scoprisse degli strumenti di comprensione che tutti hanno già dentro di sé e riteniamo che se un’opera funziona, parla a più livelli e a più persone: sono queste le proposte artistiche che noi cerchiamo. La nostra filosofia si rispecchia anche in tema economico, difatti i biglietti e i pacchetti proposti sono sempre a prezzi bassissimi e popolari.»
Nelle informazioni sul Kilowatt si legge spesso dei Visionari. Chi sono e di cosa si occupano?
«Loro sono stati/e un punto di svolta. Nei primi anni di attività. ci siamo resi conto che la manifestazione riusciva ad attirare solo una piccola parte di Sansepolcro e abbiamo riflettuto su come poter far sentire più coinvolti i residenti della cittadina. Abbiamo quindi optato per incaricare un gruppo di volontari del festival, persone comuni che a larga maggioranza nemmeno fanno parte di questo mondo, di occuparsi di una parte della programmazione e da quel momento abbiamo iniziato a vederli ogni mercoledì sera, dopo la loro giornata lavorativa o di studio, in totale autonomia, alla sede dell’InformaGiovani a dibattere, a interessarsi e a pianificare. Quello che stava succedendo era lo sviluppo inaspettato di un progetto che ripensa il rapporto tra il teatro e la polis, tra la scena e la platea. Abbiamo quindi mostrato questa nostra esperienza ad alcuni operatori ed esperti nel settore, e spesso non credevano che questo gruppo decidesse effettivamente una parte del programma, perché questo fa anche ripensare un po’ al ruolo di un direttore artistico, rendendolo più un conduttore di creatività. Lentamente, questa situazione è cresciuta fino a diventare un caso ed un esempio internazionale, permettendoci di vincere il premio Ubu e di essere per due quadrienni i capifila di progetti europei su larga scala. Ad un certo punto in giro per l’Europa c’erano addirittura cinquanta gruppi di Visionari e la commissione europea ha annoverato questo metodo tra le best practices in un libro del 2018.
I nostri Visionari quest’anno si sono visti più di quattrocento video, un lavoro mastodontico. Si parla di un pezzo di paese che, da fine ottobre a fine aprile, lavora duramente ogni settimana usando il proprio tempo libero, confrontandosi costantemente.»
di LORENZO STIATTI
kilowattfestival.it
FB: Kilowatt Festival
IG: @kilowattfestival
Credits Marco D’Agostin – courtesy the artist and Tanya Bonakdar Gallery, New York / Los Angeles – La locandina è realizzata con l’ausilio dell’AI dal grafico Andrea Valbonetti