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Parolæ, Parolæ, Parolæ Vol. #8
Collettivae è un’associazione di promozione sociale transfemminista e intersezionale, nata ad Arezzo nel Maggio del 2021.

Torna l’appuntamento trimestrale con la nostra rubrica di etimologia femminista. Oggi vi parliamo di Cultura dello Stupro, Victim Blaming e Difficoltà a Denunciare (una Violenza).

Cultura dello Stupro
Letteratura femminista e studi di genere descrivono così una cultura in cui il fenomeno della violenza sessuale è frequente e diffuso, così come lo sono i comportamenti sociali, le norme (giuridiche e non) e la narrazione mediatica che tendono a normalizzare, minimizzare o incoraggiare la stessa. E. Buchwald, P. Fletcher e M. Roth – autrici di “Transforming a Rape Culture” – la definiscono «un complesso di credenze che incoraggiano l’aggressività sessuale maschile e supportano la violenza contro le donne. Questo accade in una società dove la violenza è vista come sexy e la sessualità come violenta. In una CdS, le donne percepiscono un continuum di violenza minacciata, che spazia dai commenti sessuali alle molestie fisiche fino allo stupro stesso. Una CdS condona come “normale” il terrorismo fisico ed emotivo contro le donne. Nella CdS sia gli uomini che le donne assumono che la violenza sessuale sia “un fatto della vita”, inevitabile come la morte o le tasse».

Victim Blaming
Il termine viene coniato da W. Ryan nel libro “Blaming the Victim”. E’ così definita la tendenza psicologica (individuale o collettivo-sociale che sia) a ritenere la vittima di un reato e/o di una violenza almeno parzialmente responsabile di quanto accaduto. Le ragioni psicologiche e culturali che innescano tale meccanismo sono molteplici da elencare. Tra tutti i reati, lo stupro è quello che rischia più frequentemente e maggiormente di innescare tale colpevolizzazione.
Il VB può provenire dall’interno come dall’esterno del soggetto (nel qual caso si parla di “vittimizzazione secondaria”, che si ha quando il fenomeno diventa retaggio non (più) del singolo, ma dell’intera collettività). Statisticamente gli uomini commettono VB più delle donne, in un rapporto di 2:1; ma anche a moltissime donne – consapevolmente o meno – accade di farlo.
L’attuale modello di informazione mediatica indubbiamente favorisce la diffusione e il consolidamento di questo fenomeno. Emblematico sul tema il caso Weinstein, successivo all’ascesa del movimento Me Too in America, così come quello, tristemente noto, di Tiziana Cantone in Italia.

Difficoltà a Denunciare (una Violenza)
E’ una tendenza alimentata da svariati fattori: il non considerare la violenza un reato o comunque reputarla fatto non grave, il non sapere dove cercare aiuto, il voler gestire da sole la situazione, la paura in sé e quella di non essere credute, il fatto che la violenza si sia consumata all’interno della relazione, la sfiducia nelle autorità e la “tutela” del partner.
Le conseguenze successive a un’eventuale denuncia nel nostro Paese sono peraltro scoraggianti: meno del 30% di imputazioni e del 20% di adozioni di misure cautelari (che il 31,5% delle volte vengono poi violate).
I dati ISTAT relativi al fenomeno variano leggermente a seconda che si tratti di violenza commessa dentro o fuori dalla coppia, ma in entrambi i casi risultano, ancora oggi, drammaticamente elevati. 
Il Codice Rosso (L. n.69/2019), corsia preferenziale per la tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, nonostante sia di indubbia, fondamentale importanza, presenta tuttavia ancora numerose criticità, specie nella sua fase esecutiva.

Fonti: Benedetta Lo Zito, OPL, ISTAT, Altalex.

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