Quest’estate ad Arezzo ci attende un meraviglioso evento musicale dal 20 al 24 agosto: il 73° Concorso Polifonico Internazionale “Guido d’Arezzo”, che da decenni richiama cori da tutto il mondo e rappresenta un punto di riferimento per la musica corale.
Per scoprirne di più WEARE ha incontrato Luigi Marzola, direttore artistico del concorso dal 2022, anno in cui ha vinto il suo primo bando triennale, recentemente riconfermato per un nuovo mandato quadriennale.
Il quale ci ha raccontato delle ultime innovazioni che aveva introdotto negli ultimi anni, come l’estensione della durata delle esecuzioni e l’introduzione di brani obbligatori più complessi, con l’obiettivo di elevare il livello artistico del concorso e di offrire ai partecipanti opportunità concrete di crescita professionale.
Per questa edizione a quali innovazioni ha pensato?
«Quest’anno non ci saranno grandi rivoluzioni, ma una piccola novità riguarda la categoria di musica profana, inserita nella sezione A, tra quelle opzionali; inoltre, in occasione dei 500 anni dalla nascita di Palestrina, abbiamo dedicato a lui una sezione del concorso, il programma monografico, e inserito un suo brano tra quelli obbligatori, un compositore troppo importante da poter ignorare».
Col trascorrere degli anni i luoghi del Concorso aumentano, quest’anno saranno numerosissimi: la sede principale delle esibizioni e della cerimonia di premiazione sarà l’Auditorium Caurum Hall, la Basilica di San Domenico, la Cattedrale dei Santi Pietro e Donato, ed infine il Teatro Pietro Aretino e il Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II.
Tra questi luoghi ce n’è uno a cui è particolarmente affezionato?
«Non ho un’affezione particolare, tutti i luoghi nei quali si svolgerà il concorso sono luoghi a cui sono affezionato. Sono stato un po’ criticato per aver spostato alcune sezioni del concorso nell’Auditorium Caurum Hall, ma l’ho fatto perché, rimesso in funzione con la Fondazione Guido Monaco, questo sistema di riverberazione computerizzato permette all’ascoltatore di posizionarsi in qualsiasi punto della sala e avere un ascolto ottimale. Un luogo che non ho mai utilizzato, perché c’è sempre stata concomitanza con le prove della Giostra del Saracino, ma che spero quest’anno di poter utilizzare è la Pieve. Sicuramente faremo il Convegno anziché nel Teatro Aretino alla CaMu, nel Palazzo della Fraternita, un posto molto prestigioso. Devo ancora decidere per quanto riguarda il canto popolare se saremo in Fortezza, oppure sul fianco della Cattedrale come avveniva una volta, ma dipende da quanti cori ci sono e da alcune preclusioni logistiche».
In un’epoca dominata dalla musica ‘in cuffia’ e dal consumo rapido, come si può invitare un pubblico esterno al mondo corale ad avvicinarsi a questa esperienza profonda?
«La polifonia – specie quella sacra, spesso in latino – può apparire distante a chi non la conosce. È una musica che si rivela davvero solo dal vivo, nello spazio giusto, in un’atmosfera d’ascolto quasi rituale. L’esperienza di ascolto di qualsiasi tipo di musica è molto diversa se fatta con cuffia, attraverso un impianto stereofonico, o dal vivo, l’esecuzione dal vivo naturalmente ha una sua specificità per cui avviene lì e solo lì e non può essere riprodotta. E quindi la collocazione della musica sacra in un luogo sacro, per il quale presumibilmente è stata scritta, ha un suo fascino. L’esperienza è assolutamente affascinante e da fare; chi non l’ha mai provato naturalmente sarebbe ora che lo facesse».
E allora non ci resta che attendere agosto per lasciarci avvolgere dalla magia della polifonia, lì dove il tempo sembra fermarsi; lasciarci trasportare dalle voci che si intrecciano e sembrano riportarci in un mondo arcano, che oggi forse non ci appartiene più, ma che possiamo rivivere per qualche giorno nei posti più belli e evocativi della nostra Arezzo.
di FRANCESCA CARRARA
polifonico.org