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Gita in moto al Belvedere
Massimo Rossi ci accoglie in casacca da cuoco; gli chiediamo se è il titolare, lui risponde sorridendo: “Mio figlio è il mio capo, io sono l’oste a colori!”

È una giornata di sole quindi decido di recarmi al Ristorante Belvedere in moto. Una volta staccatomi da Monte San Savino per salire verso località Bano, però, la strada si fa sterrata, ripida e incontro qualche difficoltà a gestire la mia pesante Benelli. Quando arrivo sul posto la fatica viene subito ripagata dal panorama sulla Valdichiana più bello che abbia mai visto. Per quella sera sono attesi duecentoquaranta ospiti e Massimo Rossi mi accoglie in casacca da cuoco; gli chiedo se è il titolare, lui mi risponde sorridendo: “Mio figlio è il mio capo, io sono l’oste a colori!”

È con ironia e calore dunque che mi racconta di come abbia gestito questo piccolo angolo di paradiso per più di trent’anni. Nel 2022 poi una rivoluzione, la ristrutturazione del locale e la scelta consapevole di dedicarsi soprattutto a eventi nel finesettimana con menù concordato, anche se non manca la vecchia formula di servizio alla carta: “Il nostro isolamento è un punto di forza, ma anche una sfida,
con i nostri piatti dobbiamo convincere il cliente a uscire dall’autostrada e a raggiungerci.
Massimo, quanto è importante il territorio nella vostra cucina?
«Per me il territorio è tutto, ma io non sono chilometro zero, che non vuol dire niente. Io sono ora zero perché in un’ora quassù posso avere ogni cosa, dai prodotti ortofrutticoli dei “ragazzi” delle aziende agricole vicine ai grani selezionati per il pane che produciamo con le nostre mani.»
Qual è la specialità che non posso fare a meno di assaggiare qui da voi?
«La mia idea di cucina la prendo dalla storia: studio un piatto storico, lo rivedo e lo ripropongo per poter offrire qualcosa di differente. Sono molto orgoglioso del mio ragù bianco di chianina; scontato, dirai tu. Ma con il tempo ho fissato i dettagli della mia ricetta: il giusto rapporto tra carne e battuto di verdure, l’uso della pancia per il grasso necessario, la rosolatura. Non tutti poi possono vantare in carta alcuni piatti della tradizione come cervello fritto, animelle o quinto quarto.»

So che sei un rinomato sommelier. Suppongo che i clienti troveranno un’accurata selezione di vini.
«Sono delegato dell’AIS Toscana, sono come un maggiordomo che fa da tramite tra il presidente e i colleghi della regione. Tra i nostri vini, su cento etichette ne contiamo ottantacinque della provincia di Arezzo. Sono anche un appassionato di liquoristica e qui produciamo Alchermes e Vermut.
Sapevi che il Vermut è nato ad Arezzo? Ho la ricetta originale del Barone Albergotti del 1730. Solo in seguito Carpano lo ha reso grande in Piemonte.»
Massimo continua a raccontarmi perle di gastronomia con una cultura che definirei filologica, come ad esempio la storia della zuppa inglese, nata dagli avanzi dei biscotti del thè dei britannici nelle ville fiesolane. Ma l’immagine più bella me la regala quando ci congediamo: “Alla fine del servizio mi affaccio sulla vista ed è come se le luci e i rumori della Valdichiana mi restituissero le energie consumate durante la serata.

di GABRIELE MARCO LIBERATORI

Ristorante Belvedere
Loc. Bano 226, Monte San Savino
Tel. 0575 844262
FB: Ristorante Belvedere Monte San Savino

Gabrile Marco Liberatori
GABRIELE MARCO LIBERATORI

Laureando in lettere antiche, chitarrista dall’animo rétro, cultore di teatro e storia dell’arte. Ritengo che la conoscenza dell’espressione e del pensiero umani da Omero fino ai giorni nostri sia l’unica chiave per elevare il nostro spirito al di sopra di un vacuo imperante materialismo. Il mio motto è “E l’omo vive”, perché non c’è buona speculazione intellettuale senza un calice di rosso e un piatto di leccornie regionali.

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